La nuova dinastia by Silvana de Mari

autore:Silvana de Mari [Mari, Silvana De]
La lingua: ita
Format: epub
Google: DOs7DwAAQBAJ
editore: Edizioni Lindau
pubblicato: 2017-10-31T23:00:00+00:00

I folletti partirono e ritornarono, e in quell'andare e tornare passò un bel pezzo di giornata. Assordarono Artrid con tutto quello che era stato detto nei mercati e sugli spalti, la figlia del fornaio cercava marito, la moglie del fabbro era incinta, il capo degli armigeri Nimin voleva sposare la principessa... e un armigero aveva detto che la strega era nei sotterranei, e lì sarebbe rimasta, mentre un altro aveva aggiunto che prima o poi suo figlio, il maledetto bastardo Distruttore di Ponti, sarebbe venuto a liberarla e allora l'avrebbero preso. Certo, era così: la madre si trovava nei sotterranei del castello, e aspettavano lui.

“Dev'essere in una segreta” mormorò Artrid. Mandò allora i folletti al castello, con il doppio ordine di localizzare la madre e la chiave della sua cella.

Tornati in città, i folletti riuscirono a infilarsi nei sotterranei e scoprirono che la madre era nelle segrete, senza nemmeno uno spiraglio di aria fresca, proprio per renderla irraggiungibile.

Peccato che nessuno avesse calcolato che loro passavano anche per le fessure, incluse le toppe delle chiavi, così riuscirono a raggiungerla. La salutarono, con la loro luminescenza rischiararono la cella sudicia e buia, e giacché ormai loro e la madre si parlavano normalmente, riportarono ad Artrid i suoi voleri: che se ne andasse lontano, al sicuro, via per sempre. Che tornasse ai boschi dove aveva vissuto. La madre garantiva che lei nella segreta stava benissimo. Un tepore delizioso, cibo ricco, vario, abbondante e a orari regolari: praticamente un sogno. I folletti si sentirono in dovere di aggiungere che, secondo loro, non era così vero che lei stesse così bene. A loro la cella era sembrata sporca e gelida, oltre che così buia che avevano fatto fatica a illuminarla. I numerosi sorci e scarafaggi che ci campavano sembravano grassi e in buona salute, certo, ma così non era loro sembrato per la madre.

Artrid annuì: lei non voleva che suo figlio rischiasse per salvarla, era chiaro.

“Per tirarla fuori basta una chiave” osservò Artrid. “Una chiave che deve essere appesa nello stanzino delle guardie. Non l'avete vista?” “Noi la chiave l'abbiamo cercata e non c'era da nessuna parte, poi abbiamo di nuovo sentito parlare i guardiani e abbiamo capito” disse il folletto con i capelli luminosi.

“La chiave lì non c'è. La chiave lì non è. Quella chiave ce l'ha il re” disse il folletto con le ali lunghe.

Artrid ringraziò i folletti. Doveva riconoscere che, da quando avevano incontrato la materia e appreso la nobile arte dello sgranare i fagioli, e la loro attività non era più solo spaziare tra tutte le possibilità del reale e dell'irreale, erano diventati più logici e sensati.

La madre quindi era tenuta prigioniera dal re in persona.

Evidentemente, setacciando ogni singola spanna del regno di Kaan, grazie alla testimonianza dell'armigero che lo aveva visto bruciare il ponte, il re era riuscito a scoprire la loro parentela.

La donna che viveva con le pecore era la madre del criminale ragazzino, il brigante fuorilegge che per pura malvagità aveva distrutto il magnifico ponte orgoglio della città. E poi era anche la vedova dello stregone impiccato cinque anni prima.

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